Thursday, July 27, 2006

In viaggio


"La Nellie ruotò sull'ancora senza far oscillare le vele, e restò immobile. La marea si era alzata, il vento era quasi caduto e, dovendo ridiscendere il fiume, non ci restava che ormeggiare aspettando il riflusso.

L'estuario del Tamigi si apriva davanti a noi, simile all'imbocco di un interminabile viale. Al largo, il cielo e il mare si univano confondendosi e, nello spazio luminoso, le vele color ruggine delle chiatte che risalivano il fiume lasciandosi trasportare dalla marea, sembravano ferme in rossi sciami di tela tesa tra il luccichio di aste verniciate. Una bruma riposava sulle sponde basse, le cui sagome fuggenti si perdevano nel mare. L'aria era cupa sopra Gravesend, e più indietro ancora sembrava addensarsi in una desolata oscurità che incombeva immobile sulla più grande, e la più illustre, città del mondo.


da J.Conrad, incipit di Cuore di tenebra.



"
Appena si decide di farne a meno, ci si accorge di come gli aerei ci impongono la loro limitata percezione dell'esistenza; di come, essendo una comoda scorciatoia di distanze, finiscono per scorciare tutto: anche la comprensione del mondo. Si lascia Roma al tramonto, si cena, si dorme un po' e all'alba si è già in India. Ma un paese è anche tutta una sua diversità e uno deve avere pure il tempo di prepararsi all'incontro, deve pur fare fatica per godere della conquista. Tutto è diventato così facile oggi che non si prova più piacere per nulla. Il capire qualcosa è una gioia, ma solo se legato a uno sforzo. Così con i paesi. Leggere una guida, saltando da un aereoporto all'altro, non equivale alla lenta, faticosa acquisizione - per osmosi -degli umori della terra cui, con il treno, si rimane attaccati."

da T.Terzani, Un indovino mi disse

Friday, July 14, 2006

Michelina Endormie



per caso mentre tu dormi
per un involontario movimento delle dita
ti faccio il solletico e tu ridi
così soddisfatta del tuo corpo ridi
approvi la vita anche nel sonno
come quel giorno che mi hai detto:
lasciami dormire, devo finire un sogno

20.8.1981

da "Come può un poeta essere amato" di A.Porta, in Poesie, Milano, 1998

Ospite


Guest

I know you came

to stay,

to share the space

behind the curtain,

to sip the soup

that oozes from my spoon-body,

to reflect in me:

my stomach a steady pond.

da Uova di Elisa Biagini, Arezzo, Zona, 1999.








Ospite


Sei venuto, lo so
per restare,
condividere lo spazio
dietro la tenda,
bere a sorsi la zuppa
che cola dal mio corpo-cucchiaio,
per rifletterti in me:
il mio stomaco uno stagno immobile.

(traduzione mia)

Thursday, July 13, 2006

Postkarten (Cartoline)

35.

parliamo, per piacere, dei piaceri della vita, per una volta (ho detto
alla moglie di Van Rossum, lunedì verso le 11): (che è una tedesca di Monaco,
proprio, sotto i 30, credo, bianca di pelle come un bianco d'uovo):
e il primo
piacere è chiavare, certo: e poi, per me, dormire nel sole (come dormivo adesso,
le ho detto, prima che arrivasse lei: a torso nudo come mi vede, e a piedi
nudi, ecc.): e il terzo è bere vino (francese, possibilmente, come quello
che abbiamo bevuto sabato con Berio, e anche venerdì, a Rotterdam e qui):
(e ho concluso che il paradiso è chiavare nel sole, forse, pieni di Saint-Emilion):

da Postkarten di E. Sanguineti

Quello che tutti pensano



6

che occorre ignorare i rapporti umani
che le minoranze sono sempre più intelligenti
che il dolore è utile
che la civiltà si fonda sulla morte
che la felicità è il nuovo mito consumistico
che la realtà deve avere un futuro
che è finita l'arte borghese non l'arte
che un unovo stato rivoluzionario esprimerà una nuova arte
che la pittura deve essere multipla
che i negri sono sempre i soliti che ammazzano i bianchi
che i negri sono sempre i soliti che si ammazzano tra di loro
che la natura si ribella
che vedrete che i conti non torneranno
che la parola scritta deve essere politica
che insomma le parole contano moltissimo
ci sono di quelle cose che non si spiegano ma che sono vere
che l'esteticità non deve essere accantonata
che bisogna continuare continuare continuare
che le vetrine sono piene di cose bellissime
che ci si abitua a tutto
che l'erotismo è una routine
che sta accadendo qualosa di molto diverso
è veramente difficile capire
che bisogno c'è di capire
ma allora come si giudica
che i giudici si ribellano al giudizio
chi ci guiderà
che il sogno è verità
che il sogno predice
che la cultura è borghese
che il sogno è menzogna del passato e del futuro
che i sogni si avverano
che le streghe lo sanno
che l'impotenza è tipica delle sinistre
che il sogno è rifugio tardo capitalista
che il sogno è lo specchio dell'amore
che in sogno si chiava e basta
che i cinesi non sognano
che l'istinto di morte ne viene rivelato
che non si parli più di istinto di morte per carità
che gli istinti sono stati inventati
che governare gli istinti è appunto compito del governo
che le cosce rivelano la fica non c'è dubbio
che l'orgasmo è il ritorno alla madre
che nel sogno si chiava nell'acqua
che veniamo dal mare
che al mare ritorniamo
che le prospettive si dilatano
che tutto diventa collettivo
che ci andiamo tutti insieme a morire
che non si fa del moralismo da quattro soldiper pochi soldi
gli universali stanno bene a tutti

da
"Quello che tutti pensano", in Metropolis di Antonio Porta

Incipit laborintus

A chi non fosse chiara la ragione del titolo, qualche considerazione. Ho lavorato, negli ultimi mesi, su Edoardo Sanguineti, uno dei poeti su cui se Dio vuole si reggerà la mia tesi di laurea. "Laborintus" è il titolo della sua prima raccolta, che mutua appunto da Everardo il Tedesco, il quale fa una supposizione etimologica molto azzardata, come molte etimologie medievali. Everardo scompone infatti la parola in due: Labor (fatica) e Intus (avv. di luogo che indica "il profondo"). Quindi appunto il Labirinto di Everardo già nel termine rivela la fatica che è propria del cammino nel labirinto. L'etimologia è più affascinante che precisa, ma un po' per Sanguineti, un po' perché piace anche a me l'ho esibita a sottotitolo. Detto questo, a ognuno il suo Labirinto. Internet è un labirinto, ne possiede molte delle caratteristiche. Il fascino, il pericolo, il vicolo cieco, la difficoltà di trovarne una mappa. Non ricordo quando e' stata la prima volta che sono stato affascinato dall'immagine del labirinto. Probabilmente fu con Pollon, come per molti altri miti è stato il primo testo! Poi Borges, poi Rilke...ora mi viene in mente una scena per cui la mia cara amica Ilaria mi prende ancora in giro: in un campeggio, di notte su gli scogli parlavo al telefono con una ragazza da poco conosciuta, avevo 19 anni e per spiegarle una mia difficoltà a fare progetti sul nostro neo-nato amore, mi giustificai dicendo: "sai, sono un tipo labirintico...". I miei amici appostati mi presero giustamente per il culo per mesi! In realtà però io ero dentro un mio labirinto, ovvero solo, strozzato e impossibilitato a dare spiegazioni. Esiste quindi un labirinto verbale. Due ultime considerazioni per ora: una è che dal Labirinto non si esce da soli, come insegna il mito. L'altra è che anche oggi alcune persone si radunano in associazioni e usano labirinti di cotto, sabbia (vedi foto nel post su Asterione) come tecnica di concentrazione o rilassamento. In passato si iscrivevano labirinti nelle chiese come percorso di preghiera (uno è a Lucca). Il pensiero è quindi che ci sono buoni motivi per fare due passi nel proprio labirinto o in quello altrui.




Da Laborintus, 1956
di Edoardo Sanguineti

1.

composte terre in strutturali complessioni sono Palus Putredinis

riposa tenue Ellie e tu mio corpo tu infatti tenue Ellie eri il mio corpo

immaginoso quasi conclusione di una estatica dialettica spirituale

noi che riceviamo la qualità dai tempi

tu e tu mio spazioso corpo

di flogisto che ti alzi e ti materializzi nell'idea del nuoto

sistematica costruzione in ferro filamentoso lamentoso

lacuna lievitata in compagnia di una tenace tematica

composta terra delle distensioni dialogiche insistenze intemperanti

le condizioni esteme è evidente esistono realmente queste condizioni

esistevano prima di noi ed esisteranno dopo di noi qui è il dibattimento

liberazioni frequenza e forza e agitazione potenziata e altro

aliquot lineae desiderantur

dove dormi cuore ritagliato

e incollato e illustrato con documentazioni viscerali dove soprattutto

vedete igienicamente nell'acqua antifermentativa ma fissati adesso

quelli i nani extratemporali i nani insomma o Ellie

nell'aria inquinata

in un costante cratere anatomico ellittico

perché ulteriormente diremo che non possono crescere

tu sempre la mia natura e rasserenata tu canzone metodologica

periferica introspezione dell'introversione forza centrifuga delimitata

Ellie tenue corpo di peccaminose escrescenze

che possiamo roteare

e rivolgere e odorare e adorare nel tempo

desiderantur (essi)

analizzatori e analizzatrici desiderantur (essi) personaggi anche

ed erotici e sofisticati

desiderantur desiderantur

Tuesday, July 11, 2006

La casa di Asterione


So che mi accusano di superbia, e forse di misantropia, o di pazzia. Tali accuse (che punirò al momento giusto) sono ridicole. E vero che non esco di casa, ma è anche vero che le porte (il cui numero è infinito)1 restano aperte giorno e notte agli uomini e agli animali. Entri chi vuole. Non troverà qui lussi donneschi ne' la splendida pompa dei palazzi, ma la quiete e la solitudine. E troverà una casa come non ce n'è altre sulla faccia della terra. (Mente chi afferma che in Egitto ce n'è una simile.) Perfino i miei calunniatori ammettono che nella casa non c'è un solo mobile. Un'altra menzogna ridicola è che io, Asterione, sia un prigioniero. Dovrò ripetere che non c'è una porta chiusa, e aggiungere che non c'è una sola serratura? D'altronde, una volta al calare del sole percorsi le strade; e se prima di notte tornai, fu per il timore che m'infondevano i volti della folla, volti scoloriti e spianati, come una mano aperta. Il sole era già tramontato, ma il pianto accorato d'un bambino e le rozze preghiere del gregge dissero che mi avevano riconosciuto. La gente pregava, fuggiva, si prosternava; alcuni si arrampicavano sullo stilobate del tempio delle Fiaccole, altri ammucchiavano pietre. Qualcuno, credo, cercò rifugio nel mare. Non per nulla mia madre fu una regina; non posso confondermi col volgo, anche se la mia modestia lo vuole.

La verità è che sono unico. Non m'interessa ciò che un uomo può trasmettere ad altri uomini; come il filosofo, penso che nulla può essere comunicato attraverso l'arte della scrittura. Le fastidiose e volgari minuzie non hanno ricetto nel mio spirito, che è atto solo al grande; non ho mai potuto ricordare la differenza che distingue una lettera dall'altra. Un'impazienza generosa non ha consentito che imparassi a leggere. A volte me ne dolgo, perché le notti e i giorni sono lunghi.

Certo, non mi mancano distrazioni. Come il montone che s'avventa, corro pei corridoi di pietra fino a cadere al suolo in preda alla vertigine. Mi acquatto all'ombra di una cisterna e all'angolo d'un corridoio e giuoco a rimpiattino. Ci sono terrazze dalle quali mi lascio cadere, finché resto insanguinato. In qualunque momento posso giocare a fare l'addormentato, con gli occhi chiusi e il respiro pesante (a volte m'addormento davvero; a volte, quando riapro gli occhi, il colore del giorno è cambiato).
Ma, fra tanti giuochi, preferisco quello di un altro Asterione. Immagino ch'egli venga a farmi visita e che io gli mostri la casa. Con grandi inchini, gli dico: "Adesso torniamo all'angolo di prima," o: "Adesso sbocchiamo in un altro cortile," o: "Lo dicevo io che ti sarebbe piaciuto il canale dell'acqua," oppure: "Ora ti faccio vedere una cisterna che s'è riempita di sabbia," o anche: "Vedrai come si biforca la cantina." A volte mi sbaglio, e ci mettiamo a ridere entrambi.

Ma non ho soltanto immaginato giuochi; ho anche meditato sulla casa. Tutte le parti della casa si ripetono, qualunque luogo di essa e un altro luogo. Non ci sono una cisterna, un cortile, una fontana, una stalla; sono infinite le stalle, le fontane, i cortili, le cisterne. La casa è grande come il mondo. Tuttavia, a forza di percorrere cortili con una cisterna e polverosi corridoi di pietra grigia, raggiunsi la strada e vidi il tempio delle Fiaccole e il mare. Non compresi, finché una visione notturna mi rivelò che anche i mari e i templi sono infiniti. Tutto esiste molte volte, infinite volte; soltanto due cose al mondo sembrano esistere una sola volta: in alto, l'intricato sole; in basso, Asterione. Forse fui io a creare le stelle e il sole e questa enorme casa, ma non me ne ricordo.

Ogni nove anni entrano nella casa nove uomini, perché io li liberi da ogni male. Odo i loro passi o la loro voce in fondo ai corridoi di pietra e corro lietamente incontro ad essi. La cerimonia dura pochi minuti. Cadono uno dopo l'altro; senza che io mi mac-chi le mani di sangue. Dove sono caduti restano, e i cadaveri aiutano a distinguere un corridoio dagli altri. Ignoro chi siano, ma so che uno di essi profetizzò, sul punto di morire, che un giorno sarebbe giunto il mio redentore. Da allora la solitudine non mi duole, perché so che il mio redentore vive e un giorno sorgerà dalla polvere. Se il mio udito potesse percepire tutti i rumori del mondo, io sentirei i suoi passi. Mi portasse a un luogo con meno corridoi e meno porte! Come sarà il mio redentore? Sarà forse un toro con volto d'uomo? O sarà come me?

Il sole della mattina brillò sulla spada di bronzo. Non restava più traccia di sangue.

"Lo crederesti, Arianna?" disse Teseo. "Il Minotauro non s'è quasi difeso."


"La casa di Asterione", in Aleph di J.L.Borges