Tuesday, November 07, 2006

No hay banda!

Il silenzio è probabilmente una delle tematiche più declinate nelle discipline artistiche, filosofiche e religiose. Penso al Silenzio (il silenzio di Dio) di Bergman, alla musica di Cage - ("Per me il significato essenziale del silenzio è la rinuncia a qualsiasi intenzione", scriveva) - che compone una partitura muta: 4. 33. Per quattro minuti e 33 secondi si siede al piano, in un vero teatro, e non suona nulla: nella prima registrazione si sente il vento che soffia, nella seconda la pioggia furoi dal teatro, nella terza i bisbigli indignati della platea. In letteratura penso alla reinterpretazione che Kafka fa del racconto omerico sulle sirene, in cui - racconta Kafka - queste in realtà non hanno cantato, ma, per un complesso meccanismo di suggestione razionale, l'equipaggio ha creduto di sentirle. David Linch, nel suo Mulholland Drive, sposta l'attenzione sulla virtualità del suono, sulla sua possibilità di essere riprodotto- credo pensando anche a Benjamin e al suo L'opera d'arte nell'era della sua riproducibilità tecnica - in mancanza della reale sorgente, in mancanza di orchestra, in mancanza di carne. E allora penso a Internet, alla quantità di voci senza sorgente - eppure quante ventole di computer, quante dita tamburellate sui tasti, quanti "copia e incolla" negli occhi, quanta carne. E allora mi diverto a pensare che in realtà ci possa essere un'unica persona dietro tutti i blogs, i posts, le mails, i links, gli script, gli url. So che non è così, ma allora dove siete? Perché a volte sembra esserci più silenzio nel mondo che in rete, perché i miei amici copia e incollano per l'interno pianeta, ma raramente ci regaliamo una foto? Forse perché condividere, fuori da ogni virtualità, contempla una fatica maggiore, una risposta mancata, un possibile silenzio...



4 Comments:

Blogger alex said...

Non vorrei recepire come una poetica lamentela questo tuo annuncio..certo è che, in effetti, è più facile incontrarsi in rete ultimamente (parlo di tutti) che di persona. In quanto italiani, ragioniamo come italiani e parliamo come tali: internet (a parte il canone mensile) è facile, veloce e -ullallà- GRATIS. Spedirti una foto è la cosa più semplice e immediata possibile, anzi, intanto la mando anche ad altre 20 persone e senza un briciolo di fatica in più...voglio vederci tutti fare la stessa cosa con una stampa chimica: scatta la foto, seleziona la foto, scendi per strada, vai dal fotografo, falla stampare in 21 copie (prima però aspetta di aver finito il rullino) e dopo 5 giorni valle a ritirare. Dopodichè attendi con ansia la possibilità di incontrare per caso ognuno dei tuoi 21 amici (oppure fissa un appuntamento individuale o collettivo...insomma, organizza una festa) e dagli la foto. Fatto? Ecco, è passato almeno un mese. Sinceramente non mi è passata la voglia di tamburellare e di copia/incollare testi ma mi è venuta voglia di organizzare una festa apposta per regalarvi delle foto ;-) un abbraccio.

2:18 PM  
Blogger stisaia said...

Nessuna lamentela, credo comunque che, per quanto indiscutibilmente apra nuovi forme di condivisione e contatto(non avrei un blo), internet abbia sottratto qualcosa alla consapevole fatica che un gesto fisico comporta - così come il telefonino o la mail hanno soppiantato il passaggio sotto casa o la lettera manoscritta - e in qualche modo credo che il maggior cambiamento riguardi il tempo. Il tempo fisico richiesto dal dono o dal messaggio è annullato in una veloctà che fa del dono una cosa diversa. Il tempo è parte del contenuto del dono. Nessuna dietrologia comunque, solo credo che vadano riscoperte certe buone abitudini, io in primis.

3:17 PM  
Blogger alex said...

è vero, concordo. niente da dire sul discorso del tempo...la finalità di quest'avanzamento tecnologico e informatico serve proprio a risparmiarlo, così come l'invenzione della ruota doveva aiutare a risparmiare fatica e di seguito tutto il resto delle trovate geniali storiche. L'uomo ha questa tendenza-danno ch'egli stesso si procura: perseguire i propri interessi con sempre maggiore facilità (sia di tempo che di "lavoro" chiamiamolo). E' questa tendenza che ci allontana man mano anche dai bei gesti...nuovi gesti "veloci" diventano abitudine e l'abitudine rende "sordi" di fronte ai cambiamenti della vita: li si vede ma non li si sa più distinguere nel modo giusto, per cui vengono interpretati come "in meglio".
Il meglio ora sarebbe essere veramente in grado di tornare a qualche vecchia buona abitudine..bella sfida, ci proverò.

2:09 PM  
Anonymous Anonymous said...

quello che stavo cercando, grazie

6:10 PM  

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