Saturday, December 30, 2006

Comfort e conforto

Si può sfuggire in tanti modi alle festività, e ai correlati sentimenti universali a cui queste dovrebbero chiamarci: la bontà del natale, i fioretti per il nuovo anno, etc... Ogni anno però, personalmente, non trovo inutile sfruttare la fine dell'anno per qualche bilancio, qualche pensiero dedicato. Il bilancio è una forma di raccoglimento e, per quanto suoni paradossale, credo che il termine economico sia piuttosto corretto per molte faccende umane ed interiori.

Altra immagine, più en plein air, è pensarsi come un contadino che ripercorre i propri terreni, ne constata la crescita o i danni subiti dalla mancanza di piogge, mette le mani nel terreno e ne decide la sorte per il prossimo raccolto...pensare questo "tirare le somme" come una ricognizione, pensarsi spazio. A ognuno le proprie somme, io, nello scegliere un pensiero da condividere, uno spunto con cui tentare una ricognizione di gruppo, avevo un paio di idee: la prima era sul fascino delle finestre viste mentre si cammina una città, passione portatile e gratuita che scalda ogni mia passeggiata.
Altra idea era di riflettere sull'immagine del "faro": pensare a quale consapevole o inconsapevole faro renda la navigazione di ognuno di noi più sicura, ci dia la certezza di un possibile approdo, ci assicuri a terra.

Infine ho optato per un pensiero comparativo, che è questo: da quali Comfort siamo dipendenti e da quali conforti? Piccola riflessione sull'etimo, che lega e divide allo stesso tempo i due termini: "Confortare", dal latino, significa "rendere forte", "rinforzare". Il conforto prende poi strade diverse, da un lato devia verso un'idea materiale di "agio", "benessere", dall'altro segue un versante spirituale, si arriva così a vederlo come un aiuto allo "sconforto", a una tristezza d'animo, a un'angoscia. La nostra vita, credo, si gioca decisamente in mezzo a questi due linee semantiche, viviamo questa dialettica, ognuno con la tranquillità che si merita.

Ora vengo al dunque, tento di "quagliare", come direbbe Matteo: quanto i comforts ci confortano, ci rendono cioè più forti? Quali conforti invece restano vitali nell'era dei comforts? Ad esempio credete che Internet non indebolisca la nostra fantasia, così come la televisione? Credete che Dante avrebbe scritto la Divina Commedia se non avesse dovuto immaginarsi l'Inferno o il Paradiso, ma si fosse appoggiato ad immagine filmiche, a stereotipi interpretativi? Quanto il cellulare indebolisce la ricerca dell'altro, quanto ci rende meno pronti alla solitudine? Sull'altro versante invece: credo sia fertile pensare alle cose che veramente ci confortano, ci rendono più resistenti, ci recuperano quando il nostro tessuto si lede, impediscono che la corda che siamo si sfibri.

Il sole sicuramente, gli amici di cui ci fidiamo, un buon risveglio e un buon caffè, una canzone, il tocco leggero o profondo di un altro corpo nudo, la semplicità di due pelli, un abbraccio - di quelli ai limiti delle lacrime o del sorriso - il miracolo della comunicazione, una gentilezza inaspettata, la fiducia che ci viene data, la malizia e il gioco della seduzione che ci fa sentire belli, vitali, ricchi anche con poco, una promessa, un buon paio di scarpe, una meritata gratifica, un immeritato colpo di fortuna, un film che ci riguarda, una felicità che ci coinvolge etc...

Liberi di continuare l'elenco. Auguro a tutti un buon bilancio, per me il 2006 merita un 7 e 1/2! Per il 2007 auguro a tutti i miei amici un anno con meno Comforts e più conforti, ma soprattutto con deboli sconforti, per i quali comunque mi rendo, come sempre, disponibile! La speranza è di essere, e che voi continuiate ad essere per me, delle Comfort's stations, nel senso più pieno dell'immagine...!

1 Comments:

Anonymous Anonymous said...

I comfort ci rendono meno forti, così come l'ossessione tutta occidentale per l'igiene e la pulizia e, in generale, per l'asetticità.
Eliminando scomodità come eliminiamo batteri rimaniamo 'scoperti', privi di difese... ci vorrebbero forse esercizi quotidiani di scomodità e 'contaminazione' per mantenerci forti. Come forse del resto per apprezzare il conforto e prendere tutto quello che ci dà, occorre sperimentare l'assenza di vicinanza, come solitudine, come pratica di asperità che non cerca conforto perché non lo vuole, meglio: perché è necessario che non l'abbia.
All'elenco di ciò che ci conforta aggiungerei: la possibilità dell'innocenza, gli occhi e il respiro di un animale, la comprensione e la condivisione...
Suerte.

5:02 PM  

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